Il Laboratorio

Gli studenti del Liceo Scientifico “G. Galilei” presentano…

ROOSVELT: Mi può dire se io sono vivo o sono morto?
AUTORE: Lei è qui in teatro.
ROOSVELT: E con questo?
AUTORE: È nel luogo che corregge quello che è sbagliato, completa quello che è incompleto: il teatro è come i sogni. I sogni attuano quello che da svegli non possiamo attuare.
ALBERTO SAVINIO, Alcesti di Samuele, 1949

Mi è stato chiesto di scrivere alcune pagine sull’esperienza teatrale del “Galilei” iniziata tredici anni fa o, per meglio dire, risorta nuovamente dalle ceneri di una precedente tradizione teatrale, che fino al 1999 aveva nel prof. Francesco Gioia e nei suoi allievi i suoi ammiratissimi e applauditissimi protagonisti. Confesso di avere poca memoria cronachistica e davvero mi sarei sottratta a questo officium, ma, facendo un po’ di conti, insegno al “Galilei” da ventiquattro anni: né pochi né tanti, se consideriamo le remote prospettive di pensionamento della generazione dei baby boomers degli anni Sessanta, sufficienti, però, a poter raccogliere qualche frammento di esperienza e a riportarlo in queste pagine.

PRIMA DEL 2002/2003

Da “Aggiungi un posto a tavola” al “Rinaldo in campo”, molti e memorabili furono i successi delle messe in scena del Liceo “Galilei”, ottenuti grazie al talento di studentesse e studenti, alle sontuose regie di Francesco Gioia e a costumi di barocca meraviglia, usciti dalla sartoria teatrale della Fenice di Venezia.
Dopo il pensionamento del collega Gioia, di teatro al “Galilei” non si parlò più, se non per ricordare i fasti degli anni trascorsi. Dal 1995 il ritrovarsi finalmente riuniti – corsi, colleghi, studenti – nella nuovissima sede di Via Perugia diede maggiore impulso al sentirsi parte di un’unica scuola: non vi erano più “sedi staccate”, anime distinte dall’alfabeto delle “Sezioni e dei Corsi” (A e B, C e D ecc. ecc…) e separate dal traffico cittadino, ma un solo edificio che finalmente ci avrebbe permesso di condividere tutti insieme l’esperienza quotidiana del fare scuola.
Diversi presidi si avvicendarono, mutarono o si aggiunsero leggi e disposizioni che sempre più trasformavano il volto della scuola, del nostro liceo. “Autonomia didattica e organizzativa”, “ampliamento dell’offerta formativa”: queste le formule ministeriali che eravamo chiamati a tradurre nella concreta pratica scolastica. Poco a poco il nostro Piano per l’Offerta Formativa si arricchì di progetti, resi possibili dall’apertura pomeridiana della scuola per attività di approfondimento, potenziamento dello studio, recupero. Spazi nuovi, nuove opportunità: perché non ricominciare a fare teatro al “Galilei”?

DOPO IL 2002

Vladimiro: Proprio una bella serata.
Estragone: Indimenticabile.
Vladimiro: E non è finita.
Estragone: Sembra di no.
Vladimiro: È appena cominciata.
Estragone: È terribile.
Vladimiro: Sembra di essere a teatro.

Samuel Beckett, Aspettando Godot, 1953

Il progetto doveva trovare una collaborazione esterna: nessuno di noi docenti, a parte la passione, aveva esperienza di conduzione di un Laboratorio Teatrale. Perché questo doveva essere: uno spazio del provare e riprovare aperto a tutti gli studenti, non riservato solo ai più “grandi” o talentuosi o esperti. Ebbe inizio così la collaborazione con Carlo Dariol: matematico, insegnante, ex studente del “Galilei” con diverse esperienze di recitazione e di regia teatrale. Nei primi anni del Laboratorio Carlo fu dunque collaboratore esterno, fino al suo trasferimento al “Galilei” nel 2011. Il mio ruolo fu – ed è tuttora – quello di ‘Responsabile di progetto’ per l’organizzazione logistica del Laboratorio e della rappresentazione finale.
Nel 2002 il Gruppo teatrale del Galilei (ri)aprì così il sipario. Da allora, ogni anno, si segue una scaletta ormai collaudata: si presenta il progetto, si organizza il laboratorio pomeridiano, si attendono le iscrizioni degli studenti (quanti saranno quest’anno? come faremo a trovare un copione per 25-30 attori?), si prenota la sala del Centro Culturale “Leonardo da Vinci” per le rappresentazioni finali. Nel mese di novembre si parte, finalmente.
La scelta del testo da rappresentare è sempre un momento importante: deve soprattutto essere accolta e condivisa dagli studenti. Sono loro i veri protagonisti, grandi o piccoli siano i ruoli che dovranno sostenere. All’inizio di ogni anno – credo di poter escludere solo il 2002/2003 – si ripete la stessa recita a soggetto (in realtà è una sorta di rituale scaramantico, uno dei tanti di cui i commedianti sono ciechi esecutori, secondo il motto “Non è vero, ma ci credo”):

Regista: “Quest’anno facciamo Aristofane, la Lisistrata”.
Io: “La Lisistrata? Col coro greco e la questione dello sciopero dell’amore? No, la Lisistrata no”.

E così si finisce per scegliere un altro copione (tra gli otto, dieci, venti letti durante l’estate), spesso bellissimo ma difficile, “da grandi”. “Quarantamila parole!”, dice affranto il regista, che ha già capito che un simile testo si trasformerà in una rappresentazione da due ore, se non più… “No, sono quasi tutte didascalie”, replico, ma si capisce subito che non è vero… Bisogna poi adattare il testo al numero delle studentesse-studenti del Laboratorio. Si invertono ruoli, si cambiano tempi, luoghi, si tagliano battute troppo lunghe, si reinventano situazioni, si moltiplicano i personaggi. Il regista è all’opera. Poi l’assegnazione delle parti. Tutti gli iscritti, di qualsiasi classe, età, esperienza, hanno una parte.
Cito dallo STATUTO DEL GRUPPO-TEATRO DEL LICEO “Galilei”, un testo “tremendamente serio”, benché scritto “con leggerezza apparente”:
“L’attività del Laboratorio intende favorire l’approccio al linguaggio teatrale del maggior numero possibile di studenti, avviare un percorso teorico-pratico di attività espressive di carattere gestuale e vocale e sperimentare attività di drammatizzazione del testo teatrale finalizzate alla rappresentazione scenica.
Quella del Gruppo Teatrale del “Galilei” è insieme un’esperienza educativa e uno spettacolo, esito finale di un lavoro di lettura, drammatizzazione e allestimento scenico di un’opera teatrale ogni anno diversa per tipologia e modalità di rappresentazione”.
E ancora:
“Il teatro è gioco: la dimensione del “giocare al teatro” è il requisito più importante per divertire se stessi e il pubblico. Il teatro è un gioco tremendamente serio.
Il teatro è cultura: compito degli attori è di far dire a un testo tutto ciò che quel testo (se è un buon testo) ha da dire.
Il testo è un pretesto: non è mai definitivo prima di cominciare; viene anzi definito e adattato durante gli incontri di laboratorio. A un testo si può far dire anche ciò che non intendeva dire. Meglio se volontariamente”.

Il 27 maggio del 2003 andò in scena la prima rappresentazione del rinato Teatro del “Galilei”, Perelà, l’uomo di fumo, adattamento teatrale del romanzo futurista di Aldo Palazzeschi Il codice di Perelà. Seguirono allestimenti e ambientazioni ogni anno diverse, dalla belle époque di Feydeau all’infernale cucina moderna di Wesker, dallo spagnoleggiante Don Giovanni innamorato della geometria di Frisch all’epica Guerra di Troia di Giraudoux.
Ricordare tutti coloro – presidenza, segreteria, colleghi, collaboratori – che ci hanno permesso di portare a compimento ogni anno il progetto teatrale richiederebbe ben più di qualche riga. Ci provo.
Le locandine che anno dopo anno arredano coi loro colori le stanze dei nostri ricordi sono progettate e realizzate da Cristina Bincoletto, ITP e artista della grafica digitale, mentre le riprese degli spettacoli, trasformate in DVD, sono dovute alla passione e alla perizia del nostro collaboratore scolastico Fernando Solida. La collega Marica Valeri per alcuni anni ci ha affiancato nell’appagante fatica dell’allestimento finale (hai ancora il cestino da cucito, pieno di nastri e provvidenziali spille da balia per aggiustare i costumi ‘prima della prima’?).
Studenti, amici, colleghi, tutti sono stati trasformati in trovarobe, tutti hanno riconosciuto sul palco, volutamente povero e essenziale, oggetti di casa – pentole, bicchieri, candelabri, tende e tovaglie – o arredi di scuola, per una volta sottratti all’uso quotidiano e nobilitati su un palcoscenico, o ricordi di famiglia (grazie ancora, Giusi, per averci prestato niente di meno che il tuo abito da sposa per la bellissima Amelia del 2011…).

A tutti, grazie.

Anche quest’anno si ripeterà il rituale della prima rappresentazione (un venerdì mattina, per le terze e quarte del Liceo) e dell’unica replica (la sera stessa, aperta a tutti). E rivedremo nei volti degli studenti l’emozione di chi debutta per la prima volta, la commozione di chi, oramai in quinta, comprende nel momento degli applausi finali che un capitolo della sua storia sta per concludersi. E poco prima che tutto inizi, a sipario ancora chiuso, attori e regista insieme, con trenta mani le une sulle altre, grideranno il rituale e scaramantico “M…, m…, m…!”*. Il pubblico in sala sorriderà e con indulgenza, alla fine dello spettacolo, giudicherà errori, applaudirà talenti.
Ma la cosa più bella, lo spettacolo che ogni volta meraviglia sono loro, studentesse e studenti che hanno imparato a essere umili e testardi, a mettersi dall’altra parte, in un’altra parte, “provando e riprovando”: corpi, voci, pensieri cresciuti grazie alle parole, ai gesti, grazie all’essere scuola anche su un palcoscenico.

Stefania Fiocchi

* L’usanza deriva da un’epoca in cui a teatro si andava in carrozza: quante più carrozze, quanti più cavalli, quanti più… escrementi, tanto più pubblico, tanto maggiore il successo!

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